Telefonai la prima volta ad una Consulente de La Leche League poco dopo la nascita della mia bambina, ed una seconda volta diverse settimane più tardi, al momento della sua dimissione dall’ospedale, per avere le informazioni di cui avevo bisogno per allattarla, ma soprattutto per trovare la fiducia in me stessa per affrontare finalmente il rapporto con lei, che fino ad allora era stato fortemente mediato dalla struttura ospedaliera.
La mia bimba era nata gravemente prematura ed immatura alla 27ª settimana di gestazione. Ciò la rese del tutto dipendente dalle cure della rianimazione per un mese e mezzo. Da lì passò al reparto di puericultura ove rimase per oltre un mese, fino alla dimissione: mancavano solo dieci giorni a quella che era stata fissata come data presunta del parto.
Durante il periodo della rianimazione non mi fu consentito di restarle vicino più di tanto, ma successivamente in puericultura sì. Ad ogni modo l’unico forte collegamento che stabilii durante questo lungo periodo di ricovero, fu proprio il togliermi il latte regolarmente, ogni tre ore, anche la notte, pensando così di aiutarla, anche nei momenti in cui stava male, anche quando stava per morire.
Mi servivo sia degli strumenti che forniva l’ospedale, sia di un apparecchio preso a noleggio nella città in cui abito. Avevo una gran paura di perdere il latte, come vedevo che a molte madri capitava, prima che mia figlia raggiungesse l’autonomia nella suzione. Il mio latte non le fu dato subito appena nata, in quanto alimento troppo complesso da digerire per lei ma quando, dopo la trentesima settimana, cominciarono a darglielo attraverso il gavage, e poi ad aumentare gradualmente la dose poiché lei lo digeriva bene, io sentii chiaramente che stavo iniziando a cogliere i frutti di questa ancora lunga avventura.
La piccola cresceva molto bene e si avvicinava ormai ai due kg, quando fu trasferita in puericultura. Lì le potevo stare molto più vicina, cambiarla, toccarla e guardarla quanto volevo. Ma fu lì che respirò un virus che la colpì ovviamente nel suo punto più debole: i polmoni. Fu salvata per caso una mattina presto, quando la videro, ormai cianotica, respirare a fatica. La sua regressione fu totale, al livello dei primi giorni in rianimazione. Prima aveva iniziato a prendere il latte al biberon, ora era di nuovo intubata ed alimentata a flebo. Quando per fortuna superò questa durissima settimana, la sua ripresa fu particolarmente rapida e al momento della dimissione avevo già provato una volta ad allattarla al seno verificando la quantità di latte assunta.
Non riusciva a prendere molto perché dopo un po’ si stancava; inoltre la pediatra in ospedale mi aveva consigliato di non avviare subito questo tipo di allattamento una volta a casa, ma molto gradualmente. La prima settimana a casa infatti cercai di seguire questi consigli, ma fu a questo punto che contattai la Consulente per la seconda volta, quando cioè mi accorsi che a casa con lei non mi era più facile, né ero più nell’ottica, di seguire i ritmi dell’ospedale. Inoltre io non avevo più voglia di tirarmi tante volte il latte ogni giorno e mia figlia mi sembrava già più forte, sveglia e stimolata da un mondo più vario e colorato. Seguii il consiglio della Consulente e presi ad allattarla solamente al seno, senza più tirarmi il latte. La cosa è andata benissimo e lei, da quel momento, è sempre stata in grado di autoregolarsi come se avesse sempre preso il latte direttamente da me.
L’allattamento a pieno regime è continuato fino ai nove mesi effettivi (sei mesi corretti), quando cioè ho iniziato lo svezzamento, che di fatto è stato lentissimo. Più la bimba si abituava a questo nuovo tipo di alimentazione, più io cercavo di calare le poppate nell’arco di una giornata. Ho preferito così piuttosto che smettere improvvisamente di allattarla, come diverse amiche mi suggerivano. Ed ora che ha 21 mesi prende ancora il latte da me, una sola volta al giorno, la sera per addormentarsi. Forse presto smetterà o forse aspetteremo di superare questo lungo inverno, vedremo.
Io so che per lei la vita è stata inizialmente molto dura, senza essere abbracciata e contenuta nel calore di un altro corpo che le trasmettesse amore. Io so che così piccina necessitava più di ogni altro bimbo di anticorpi e di difese naturali.
Attraverso l’allattamento so di averle dato il mio piccolo aiuto e so che se ancora esiste nel suo inconscio il ricordo remoto della profonda solitudine affettiva dei primi mesi, in seguito il calore nostro, di suo fratello, e la disponibilità del mio seno ad ogni sua richiesta, hanno contribuito a renderla ora una bimba allegra, vispa e socievole come ogni bimbo cresciuto in un ambiente s ano.
Ringrazio ancora di cuore la Consulente de La Leche League per i preziosi consigli e per la fiducia che riuscì ad infondermi.