• Allattamento a richiesta - Saggezza e scienza

    di Lisa Marascoe Jan Barger, da Breastfeeding Abstractsvol 18 n. 4 Maggio 1999

    Viene ormai comunemente accettato che i neonati, e soprattutto i neonati allattati, crescono e stanno meglio quando viene permesso loro di poppare seguendo i segnali delle loro necessità. Nonostante ciò, alcune mamme continuano a credere di dover aspettare per permettere al seno di "riempirsi" fra una poppata e l'altra per poter avere latte a sufficienza per i loro bambini, e alcune fonti tradizionali di consigli per i genitori incoraggiano le mamme ad aderire a un orario secondo il quale bambini molto piccoli vanno alimentati ad intervalli di tre o quattro ore. Per alcuni bambini potrebbe essere possibile crescere bene con un simile allattamento ad orario, ma per altri non è così.

    Una migliore comprensione dell'importanza dell'allattamento a richiesta, nonché il ruolo dell'appetito del neonato nella regolazione della produzione del latte, ci proviene da ricerche recenti, che spiegano i meccanismi che regolano la produzione di latte nel seno.

    Fino a poco tempo fa, gli sforzi per cercare di capire i processi che regolano la sintesi di latte (lattopoiesi) si sono focalizzati sull'aumento di prolattina che avviene in risposta alla suzione del bambino. I ricercatori, però, non hanno trovato un rapporto diretto costante e coerente tra i livelli plasmatici di prolattina e la produzione materna di latte. Partendo da un approccio diverso, Peter Hartmann e i suoi colleghi in Australia hanno studiato l'allattamento facendo mappe di seni in lattazione prima e dopo le poppate, utilizzando attrezzature video e computer per misurare cambiamenti volumetrici del seno. La precisione di questa tecnica per misurare la capacità di immagazzinare e produrre latte è stato calcolata a +/- 5%. Basandosi su questo lavoro, Hartmann ha concluso che la velocità di sintesi del latte fra le poppate varia a seconda del grado di pienezza del seno: più il seno è pieno, più la velocità di produzione del latte è lenta, e al contrario, più il seno è vuoto, maggiore è la velocità con cui il latte viene rimpiazzato.

    Hartmann e i suoi colleghi hanno anche quantificato le differenze nella capacità massima di immagazzinamento delle mammelle, identificando una differenza, fra le donne coinvolte nello studio, fino al 300%. È stato anche notato che le donne con alte capacità di immagazzinamento spesso allattavano ad intervalli maggiori, mentre le donne con basse capacità allattavano con intervalli più frequenti. La misura del seno non era sempre un fattore utile per prevedere la capacità di produzione o di immagazzinamento, e tutte le donne avevano la capacità di produrre latte in abbondanza nell'arco delle 24 ore. Il fattore che subiva variazione era la quantità di latte che veniva erogato in una poppata.

    Livelli alti di prolattina sono cruciali per l'avvio del processo di lattazione, però man mano che i livelli di prolattina scendono, il controllo endocrino diventa meno importante per la produzione di latte, e prendono il sopravvento i sistemi di controllo autocrini. Comunque, la riuscita a lungo termine dell'allattamento dipende dallo sviluppo di un numero sufficiente di recettori per la prolattina durante il periodo di controllo endocrino, che a sua volta sembra dipendere dalla frequenza delle poppate: più frequenti saranno le poppate e maggiore sarà lo sviluppo dei recettori.

    Abbiamo scoperto che molte donne, nell'allattare il loro bambini ad orario, hanno successo nel primo mese o due. Però, queste donne hanno un tasso insolitamente alto di ipogalattia intorno ai tre - quattro mesi. A riprova di ciò, c'è un grande numero di bambini il cui accrescimento cade al di sotto degli standard accettabili richiedendo integrazioni e/o bambini che si svezzano volontariamente, ovvero che rifiutano il seno che contiene un volume inferiore e da cui il latte esce più lentamente, preferendo il biberon, che ha un volume superiore e da cui il latte esce più velocemente.

    Questa ricerca sugli intervalli fra poppate e il contenuto o livello di grassi nel latte materno, aggiunge una nuova dimensione alla nostra comprensione di come l'appetito del neonato, così come si rispecchia nell'alimentazione a richiesta, regola la sintesi del latte. Michael Wooldridge ha proposto che il consumo calorico al seno, o più specificamente il consumo di grassi, sia responsabile per il controllo dell'appetito e della sazietà del bambino. Si può facilmente presumere che la madre di un bambino che rimane irrequieto dopo una poppata abbia un volume del latte insufficiente; in realtà ci potrebbe essere una carenza piccola ma determinante nel consumo di calorie o grasso o da parte del bambino. I fautori dell'allattamento ad orario spesso impongono limitazioni anche sulla durata del pasto, quindi limitano il consumo di grassi / calorie rilasciati alla fine della poppata.

    I sostenitori dell'allattamento ad orario ritengono che intervalli più distanziati faranno sì che i bambini siano più affamati, e quindi che richiederanno in modo più aggressivo di essere allattati, ottenendo così il latte che è disponibile alla fine della poppata, con contenuto grasso più alto. Wooldridge però ha dimostrato che i livelli dei grassi nel latte prima dell'inizio della poppata hanno un rapporto inverso alla lunghezza dell'intervallo fra le poppate. La concentrazione dei grassi può essere incrementata aumentando sia la frequenza delle poppate sia la quantità di latte estratto dal seno durante il pasto. Quando la frequenza della poppata e la sua durata vengono limitate da orari predeterminati per l'allattamento, il risultato può benissimo essere un consumo diminuito di grassi da parte del bambino, sintomi di inadeguatezza della quantità di latte e sotto alimentazione.

    Un bambino che si sta preparando per poppare lo dimostra prima ancora di svegliarsi. All'inizio potrebbe muoversi leggermente in modo tranquillo un po' agitato, o sembrare irrequieto o nel sonno. Se la sua mano si trova vicino al viso potrebbe girare la testa, cercando di succhiare il pugno o qualunque altra cosa che si trova vicino alla bocca. Se questi segnali precoci vengono ignorati, il bambino comincia ad emettere dei rumori acuti, e alla fine un pianto vero e proprio, esprimendo che il suo nutrimento è in ritardo. Una madre con esperienza di allattamento che sta vicino al bambino, solitamente riconosce i suoi bisogni, mettendolo al seno in un momento precoce di questa sequenza di segnali. Quando però la madre allatta il bambino ad orario, e/o dorme lontano da lui, tutto si svolge in una maniera molto diversa.

    Un neonato che viene lasciato piangere anche per pochi minuti può diventare molto disorganizzato, e avere maggiore difficoltà nel attaccarsi al seno e succhiare correttamente. Di conseguenza spesso non prende tutto il latte di cui ha bisogno e, se questa serie di eventi viene ripetuta, con il tempo la produzione di latte della madre si ridurrà. Questo è ancora un altro modo in cui l'imposizione degli orari può inibire la produzione materna di latte. In un tentativo di evitare pianti eccessivi, alcuni sostenitori dell'allattamento ad orario promuovono l'uso di succhiotti per ritardare il momento della poppata e/o per eliminare la suzione non nutritiva al seno. Interventi di questo genere non sono senza rischi: uno studio recente ha documentato che l'uso di succhiotti è associato alla durata ridotta dell'allattamento, mentre un altro studio ha rilevato che le madri che utilizzano succhiotti per i loro bambini spesso esercitano un grado superiore di controllo comportamentale durante l'allattamento, che ancora a sua volta porta spesso a una minor durata complessiva dell'allattamento.

    Un insieme di prove empiriche e teoriche continua a dare fondamento alle raccomandazioni dell'Accademia Americana dei Pediatri: che i bambini, e in particolare quelli allattati, hanno bisogno di essere allattati a richiesta e dovrebbero essere liberi di stabilire da soli il proprio orario, piuttosto che obbligati a seguire un orario predeterminato. 

    È altresì la nostra conclusione che le pratiche che interferiscono con la capacità del bambino di segnalare i propri bisogni sono state responsabili di aumenti ponderali insufficienti, mancanza di crescita adeguata, mancanza di latte, svezzamento precoce non voluto, e forse anche di casi di coliche, nonché regressione e depressione nei neonati, come risultato di mancanza, da parte dei genitori, di una risposta ai segnali disperati del bambino.

    La produzione di latte materno e il suo consumo da parte del bambino vengono influenzati da molti fattori, compreso la frequenza delle poppate durante il periodo in cui la produzione di latte è nella fase di calibrazione, la capacità materna di immagazzinamento del latte, la capacità dello stomaco del bambino, il contenuto lipidico del latte e il livello di svuotamento del seno in un qualunque pasto. Quindi ci sono prove molto forti che l'uso arbitrario di orari per l'allattamento non sia consigliabile per qualunque madre che desideri allattare con successo.

    Bibliografia
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    11. American Academy of Pediatrics Work Group on Breastfeeding: Breastfeeding and the use of human milk. Pediatrics 1997; 100:1035-39

    Traduzione di Shera Lyn Parpia Khan

     

  • Anatomia di un seno al lavoro

    di Anna Edgar , da New Beginnings, vol. 22 n. 2, Marzo-Aprile 2005, pp. 44-50 (rev. giugno 2018)

    Ti sei mai domandata come funzioni l’allattamento, questo meccanismo biologico messo a punto in milioni di anni dalla natura per garantire la salute e il nutrimento dei cuccioli umani? Come effettivamente il latte entri nei seni? Come questo meccanismo continui a ripetersi più e più volte? Che cosa si pensava su questo argomento nel passato? Che cosa ne sappiamo oggi? Questo articolo si occuperà di queste domande. Comprendere l’anatomia di un seno al lavoro, ci permette di apprezzare profondamente questo processo e di comprendere meglio le ragioni di alcune difficoltà comuni, nonché dei modi per superarle.

     

    Storia

    Da migliaia di anni l’anatomia e la fisiologia del seno suscitano interesse. Gli scritti medici più antichi sull’argomento risalgono all’antico Egitto. Questi testi descrivevano come stabilire se il latte della mamma fosse buono o cattivo e come incrementarne la produzione. Un autore raccomandava massaggi con emulsione di olio di pesce e lo “stare seduta con le gambe incrociate… frizionando i seni con una pianta di papavero” per incrementare il flusso del latte (Fildes, 1985). Una commentatrice moderna, Marilyn Yalom, scrive: “Entrambi i trattamenti avevano almeno il merito di rilassare la madre che allattava”, e avrebbero dovuto aiutarla a migliorare la funzione del riflesso d’emissione, ma probabilmente non hanno un effetto diretto sulla produzione di latte. Il medico Ippocrate (460-377 a.C.) credeva che il sangue mestruale in qualche modo si trasformasse in latte umano. Questa credenza durò fino al XVII secolo! Leonardo Da Vinci (1452-1519 d.C.), per esempio, nel suoi schizzi anatomici disegnò delle vene che collegavano l’utero e i seni.

    Anche il filosofo Aristotele (384-322 a.C.) ci ha lasciato riflessioni sull’allattamento nel suo Le parti deglianimali. Egli credeva che le donne di pelle più scura avessero un latte più salutare delle donne di pelle chiara e che i bambini che bevevano latte di una mamma più affettuosa (calda) sviluppassero denti in età più precoce (aveva torto su entrambe le ipotesi). Aristotele, inoltre, affermava che i neonati non dovessero bere colostro, un concetto errato che persiste ancora oggi in diverse culture.

    Commentando i rimedi per una bassa produzione di latte, Sorano, un ginecologo dell’antichità che esercitò la sua professione tra il 100 e il 140 circa dopo Cristo, pensava che massaggiare il seno e autoindurre il rutto avrebbe potuto essere d’aiuto, ma sconsigliava fermamente bevande mescolate con ceneri di gufi e pipistrelli bruciati.

    Dal 1500 gli anatomisti imboccarono il binario giusto. Impararono, sezionando cadaveri, che i seni erano composti da tessuto ghiandolare, il quale – essi concludevano – “trasforma in latte il sangue trasportato loro dalle vene” (Vesalius, De humanis corporis fabrica, 1543).

    Molti degli antichi scritti sull’allattamento riguardavano le balie: donne che allattavano e che venivano assunte per allattare il bambino di un’altra donna. La balia è menzionata nel Codice di Hammurabi (circa 1700 a.C.), nella Bibbia, nel Corano, negli scritti di Omero, per fare qualche esempio tra molti altri. Le opinioni su quale tipo di donne fossero le balie migliori specificavano ogni cosa, dal colore dei capelli all’aspetto del seno, al fatto che la donna avesse partorito un maschio o una femmina (Yalom 1997).

    Nel corso del 1700, i medici finalmente compresero che era più sano per una madre nutrire il suo bambino piuttosto che usare una balia, e che bere il colostro materno era un bene per i bambini (Riordan, 2005).

    Negli ultimi 50 anni, la scienza medica ha imparato moltissimo sul latte umano, particolarmente nell’area dell’immunologia. Noi ora sappiamo che il colostro è carico di anticorpi che proteggono i neonati dalle malattie, che il latte maturo ha un perfetto equilibrio di nutrienti per i bambini e che dopo il primo anno il latte ha una maggiore concentrazione di fattori immunitari, poiché il bambino più grandicello inizia a poppare di meno. Il latte prodotto dopo un parto prematuro è differente dal latte di madri i cui bambini sono nati a termine, e queste proprietà uniche sono vantaggiose. L’Arte dell’Allattamento Materno afferma: Ciascuna madre produce un latte unico… La composizione del tuo latte varia di giorno in giorno e nei diversi momenti della giornata… Il colostro che il tuo bambino riceve il primo giorno della sua vita è diverso dal colostro del secondo o terzo giorno. Il latte umano è una sostanza complessa e viva, è la chiave per una salute buona e per uno sviluppo ottimale dei cuccioli umani.

    Poiché il latte umano è così importante, è anche importante sapere come viene prodotto.

     

     

    Lo sviluppo del seno

    Lo sviluppo del seno inizia già nell’utero materno, sia nei feti di sesso maschile sia in quelli di sesso femminile. Tra la quarta e la settima settimana della vita embrionale, lo strato esterno della pelle inizia a ispessirsi lungo una linea che si estende dall’ascella all’inguine. Questa costituisce lo spartiacque mammario. Più tardi molta di questa “linea del latte” svanisce, ma una piccola parte rimane nel torace e forma da 16 a 24 “germogli” (papille) che si sviluppano in dotti e alveoli, gli acini che secernono e forniscono latte nel seno. All’inizio i dotti lattiferi si aprono in una piccola cavità sotto la pelle, ma presto dopo la nascita questa si trasforma nel capezzolo (Sadler 2000). Il capezzolo è circondato dall’areola. Le ghiandole mammarie, poi, rimangono inattive fino alla pubertà.

    Il successivo stadio dello sviluppo del seno inizia quando le bambine entrano nella pubertà, intorno ai 10-12 anni di età. I seni iniziano a crescere uno o due anni prima dell’arrivo della prima mestruazione. A ogni ciclo ovulatorio, il tessuto del seno cresce un po’ di più. La crescita è concentrata di più nel periodo dell’adolescenza, ma continua fino a circa 35 anni di età (Riordan 2005). Il seno non è considerato pienamente maturo, finché una donna non partorisce e non inizia a produrre latte (Love & Lindsey 1995). Il testo per operatori Allattamento al seno: il libro delle risposte spiega che un seno maturo è composto di; tessuto ghiandolare per produrre e trasportare latte; tessuto connettivo di sostegno; sangue, che fornisce i nutrienti necessari a fare il latte; linfa, il fluido che rimuove le sostanze di scarto attraverso il sistema linfatico del corpo; nervi, che inviano messaggi al cervello; e tessuto grasso per proteggere dai traumi (Mohrbacher & Stock 2005).

    Il tessuto ghiandolare è composto di alveoli, che secernono e conservano il latte finché le cellule muscolari circostanti lo spingono nei dottuli. I dottuli poi si uniscono a dotti più grandi, che sfociano in 5-10 aperture nel capezzolo sulla superficie dell’areola. Fino a poco tempo fa si credeva che il latte si immagazzinasse non solo negli alveoli, ma anche nei seni lattiferi (o cisterne), dilatazioni dei dotti situate proprio dietro i capezzoli. Invece recenti studi hanno mostrato che i seni lattiferi non sono strutture permanenti, ma solo una condizione dinamica dei dotti (Kent 2002). I dotti lattiferi si dilatano in risposta al riflesso d’emissione del latte, ma si restringono nuovamente quando la poppata è finita, e il latte "risale" indietro negli alveoli.

    Un modo per visualizzare le strutture del seno è disegnare un albero. Gli alveoli sono le foglie e i dotti sono i rami. Molti rami più piccoli si uniscono a pochi rami più grandi che infine diventano il tronco dell’albero. Analogamente, il seno è formato di unità chiamate lobi, ognuna composta da un singolo dotto più grande con molteplici dotti più piccoli e alveoli che confluiscono in esso. Diversi studiosi nel campo dell’allattamento affermavano che vi fossero approssimativamente da 15 a 20 lobi per seno, ma uno studio più recente suggerisce che il numero reale sia più vicino a 7-10 lobi per seno (Kent 2002).

    L’areola, l’area più scura che circonda il capezzolo, prende il suo colore dai molti capillari sotto pelle che portano sangue al capezzolo. Nell’areola ci sono ghiandole sebacee (che secernono una sostanza grassa per ammorbidire e proteggere la pelle), ghiandole sudorifere e ghiandole di Montgomery, che si pensa producano una sostanza che lubrifica il capezzolo e lo protegge dai germi.

     

    Gravidanza e Allattamento

    Gli ormoni della gravidanza, compresi gli estrogeni, il progesterone, la prolattina e altri, sono la causa di complessi cambiamenti nel seno. I vari ormoni giocano ognuno un ruolo specifico nel preparare il corpo all’allattamento. Il cambiamento del seno che la maggior parte delle donne osserva per primo si può riassumere in una sola parola: accrescimento.

    Durante il primo trimestre di gravidanza, i dotti e gli alveoli nel seno crescono rapidamente. I seni possono essere sensibili al tatto e la loro misura aumenta, in preparazione all’allattamento.

    Lattogenesi è il termine che indica l’origine o l’inizio della lattazione, e si evolve in tre stadi. La prima lattogenesi inizia circa 12 settimane prima del parto, quando le ghiandole mammarie iniziano a secernere colostro (non sempre in maniera percepibile dalla donna). La misura del seno aumenta ancora quando gli alveoli diventano pieni di colostro, ma la presenza di alti livelli dell’ormone progesterone nel sangue della madre inibisce la piena produzione di latte fino a dopo la nascita. La seconda lattogenesi inizia dopo la nascita, quando la placenta viene espulsa (secondamento). I livelli di progesterone precipitano, mentre i livelli di prolattina rimangono alti. La prolattina è l’ormone principale ai fini della lattazione, ed è a sua volta controllata da ormoni secreti dall’ipofisi, dalla tiroide, dalle surrenali, dalle ovaie e dal pancreas. I seni sono irrorati da un abbondante flusso sanguigno, che porta molto ossigeno. Due o tre giorni dopo il parto, il latte “arriva”. La quantità di latte prodotto aumenta rapidamente e la sua composizione gradualmente cambia da colostro a latte maturo. I livelli di sodiocloruro e proteine nel latte decrescono e i livelli di lattosio ed altri nutrienti aumentano. Gradualmente cambia il colore, dal giallo tipico del colostro ad un bianco opalescente. Dato che questo processo è controllato dagli ormoni, i seni iniziano a produrre latte sia che una madre stia allattando oppure no. A questo stadio della lattogenesi è importante allattare spesso (e/o estrarre il latte manualmente o con un tiralatte, se il bambino non può poppare bene), perché un allattamento frequente nella prima settimana dopo il parto sembra aumentare il numero di recettori della prolattina nel seno. Un compito del recettore è riconoscere e rispondere ad un ormone specifico. Avere più recettori della prolattina rende quindi il seno più sensibile alla prolattina, e i ricercatori credono che questo abbia effetto su quanto latte una madre produrrà nel corso del successivo stadio di lattogenesi. Il terzo stadio del processo di lattogenesi è anche conosciuto come galattopoiesi. Questo è lo stadio nel quale si stabilizza la produzione di latte maturo. In questo periodo la produzione di latte si sposta dal controllo endocrino a quello autocrino. Questo significa che il mantenimento della produzione di latte dipende più dalla rimozione effettiva del latte dai seni piuttosto che dagli ormoni che circolano nel sangue. In altre parole, l’elemento cruciale diviene il principio di “domanda e offerta”. Più una madre allatta, più latte produrrà. Se allatta poco, la produzione di latte rallenterà. 

     

    Fisiologia e produzione di latte

    Capire come funzioni la produzione di latte può aiutare una madre ad essere sicura che il suo bambino stia assumendo al seno una quantità adeguata di latte. Per esempio, talvolta le madri sentono che i loro bambini hanno completamente svuotato il loro seno e che non c’è più latte disponibile, anche se il bambino vuole poppare. Sapere che nuovo latte viene costantemente prodotto negli alveoli darà alla madre la fiducia di cui necessita per attaccare il suo bambino al seno, anche quando esso appare “vuoto”. Uno studio dichiara che i bambini rimuovono una media di solo il 76% del latte disponibile dai seni, in un periodo di 24 ore (Hartmann et al. 1993).

    Svuotare i seni è ciò che aiuta la produzione di latte ad andare avanti. La suzione del bambino invia messaggi al cervello, che poi rilascia l’ormone ossitocina. L’ossitocina fa sì che le cellule muscolari intorno agli alveoli si contraggano, spingendo il latte attraverso i dotti fino al capezzolo. Questo movimento del latte lungo i dotti è chiamato riflesso d’emissione del latte. Le madri possono sperimentarlo come una sensazione di formicolio o un senso di liberazione (rilascio, allentamento) nel seno – che è il motivo per cui è anche chiamato “calata”. La calata svuota gli alveoli e rende il latte disponibile al bambino in prossimità del capezzolo. Quando gli alveoli sono vuoti, essi rispondono producendo più in fretta il latte. Recenti ricerche dimostrano che una speciale proteina nel latte umano, chiamata Fattore di Inibizione della Lattazione (FIL), regola la produzione di latte (Wilde 1995). Quando c’è molto latte nel seno, la proteina FIL inibisce, o ostacola, gli alveoli dal produrne di più. Quando il latte viene rimosso dal seno – e la FIL non è là a fermare la produzione di latte – gli alveoli si danno da fare e ne producono di più. Questo è il motivo per cui è importante offrire il seno spesso e incoraggiare il bambino a svuotare il seno il più possibile ai fini di un’efficace produzione di latte.

    Un’altra considerazione relativa alla produzione di latte è la capacità di stoccaggio del seno. Talvolta donne con il seno piccolo si preoccupano di non poter produrre latte sufficiente per i loro bambini, ma il processo di produzione di latte si adatta alla misura del seno. Seni molto piccoli possono non immagazzinare tanto latte tra le poppate quanto seni più grandi, ma se vengono svuotati spesso e molto, nell’arco di una giornata essi produrranno tanto latte quanto ne serve al bambino. Le donne con seni più grandi e una capacità di stoccaggio maggiore possono essere in grado di prolungare il tempo tra le poppate senza interferire con la loro produzione. In altre parole, le donne con seni più piccoli possono aver bisogno di offrire il seno più frequentemente, poiché i loro seni si riempiono più velocemente e la produzione di latte diminuisce quando gli alveoli sono pieni. Allattare a brevi intervalli non è solo un bene per la produzione, ma è anche un’abitudine salutare che aiuta le madri ad evitare dotti ostruiti e infezioni al seno.

     

     

    Una madre ha bisogno di sapere quanto latte possono immagazzinare i suoi seni, per sapere quanto spesso dovrebbe allattare il suo bambino?

    No. Bambini sani, capaci di poppare adeguatamente, prendono tanto latte quanto a loro necessario quando ne hanno bisogno, senza che le madri stiano a pensare molto all’intero processo. Ma sapere come funziona l’intero processo può aiutare una madre a risolvere alcune difficoltà che potrebbe avere con la produzione di latte. Può inoltre aiutarla a riflettere su alcuni dei miti e malintesi che le persone hanno sull’allattamento. Per esempio, saprà che non deve aspettare che i suoi seni “si riempiano” tra le poppate: dentro c’è sempre latte per il bambino e anzi, un seno rallenta la produzione via via che si riempie, quindi  è opportuno non lasciare che i seni si riempiano troppo. Saprà anche che, se il suo bambino appare affamato o sta attraversando uno scatto di crescita, allattare più spesso aumenterà la velocità della sua produzione lattea quasi istantaneamente.

     

     

    Come entrano le sostanze nel latte umano? Approfondire le conoscenze sulla lattazione aiuta la donna anche a capire come entrino nel latte umano le proteine del cibo, i contaminanti, i medicinali, ecc. Questo può aiutarla a prendere decisioni informate riguardo a che cosa espone il suo corpo quando sta allattando.

    Quando qualcuno assume farmaci o mangia cibi, le sostanze di solito vengono trasformate dall’apparato digerente e poi i componenti delle sostanze, ridotti in molecole, vengono assorbiti nel sangue. Quando queste molecole giungono ai capillari vicino al tessuto del seno, esse possono trasferirsi nel latte attraverso le cellule che rivestono gli alveoli, un meccanismo conosciuto come diffusione.

    Questo è il modo in cui gli ingredienti necessari a produrre latte entrano nel latte, ed anche il modo in cui alcuni farmaci ed altre sostanze estranee entrano nel latte. Ma molti fattori influenzano se o in quale quantità una sostanza effettivamente entrerà nel latte. Fra i lattociti (le cellule produttrici di latte) e le cellule che rivestono gli alveoli esistono dei varchi; secondo l’ampiezza di questi varchi, le sostanze verranno bloccate o lasciate passare. Il primo giorno dopo la nascita, questi varchi sono più ampi, il che significa che le sostanze passano piuttosto liberamente nel latte nei primi giorni di vita. Dopo pochi giorni, i varchi si chiudono. Da quel momento in poi è più difficile per le sostanze attraversare la barriera tra sangue e latte. Il processo di diffusione lascia che entrino più facilmente cose buone nel colostro e nel latte maturo, come per esempio gli anticorpi. Gli anticorpi sono un tipo di proteine che si trova nel sangue per aiutare il corpo a combattere le infezioni. Ne sono stati trovati in concentrazioni più grandi nel latte umano all’inizio e alla fine della lattazione. Un importante anticorpo, l’immunoglobulina A secretoria (SigA), è sia sintetizzata sia immagazzinata nel seno. La SigA è in buona compagnia, con circa 50 altri fattori antibatterici, molti dei quali entrano nel latte umano dal sangue materno (e questo numero non comprende i fattori che non sono stati ancora identificati!) Questo è uno dei grandi vantaggi dell’allattamento! Tutte le donne trasferiscono anticorpi ai loro bambini durante la gravidanza e la nascita, ma l’allattamento prolunga il periodo nel quale il corpo della madre aiuta a proteggere il bambino dalle malattie.

    Tuttavia, anche altre sostanze entrano nel seno tramite diffusione. Una credenza abbastanza comune sull’allattamento è che se le madri mangiano cibi che producono in lei gas (aria), come per esempio broccoli o cavoli, il bambino avrà coliche gassose. È vero? No. Il gas (aria) non può passare dal tratto intestinale della madre nel suo sangue e depositarsi nel seno pronto da bere per il suo bambino. Per contro, quando il cibo è digerito, alcune delle proteine entrano nel sangue e possono poi passare nel latte materno. Alcuni bambini possono essere sensibili a particolari proteine e reagire con coliche gassose e agitazione. Se un bambino ha una reazione evidente ogni volta che la madre mangia un certo cibo, lei può eliminare quel cibo dalla sua dieta, ma è importante ricordare che, per molti bambini agitati e sofferenti di coliche gassose, il problema deriva più spesso da altre motivazioni piuttosto che dal latte materno. Reazioni allergiche alle sostanze presenti nel latte materno possono anche comparire come problemi di pelle, respiratori e/o intestinali. Detto tutto questo, la madre che allatta dovrebbe generalmente sentirsi libera di mangiare qualsiasi cosa le piaccia ed essere sicura che la stragrande maggioranza dei bambini non ha alcun problema con le proteine dei cibi.

    Anche i farmaci che le madri assumono potrebbero passare nel latte, ma questo non è automatico né scontato. Secondo il dottor Thomas Hale, autore di Medications and Mothers’ Milk, ci sono diversi fattori che influenzano il trasferimento dei farmaci, o per meglio dire dei principi attivi che li compongono, nel latte. Un fattore importante e determinante è il livello di principio attivo nel sangue materno. Quando la concentrazione del principio attivo è alta nel sangue, una maggior quantità si diffonderà nel latte, dove la concentrazione del principio attivo è bassa. La diffusione cerca di mantenere la concentrazione di una sostanza uguale in entrambe le parti, qualunque sia la barriera tra di loro. Perciò, se la concentrazione di una sostanza nel sangue della madre inizia ad abbassarsi, le particelle della sostanza nel latte defluiranno, “in retromarcia”, nel sangue, e anche la concentrazione nel latte si abbasserà. Questo è un concettomolto importante da capire. Le madri talvolta pensano che, dopo aver bevuto un bicchiere di vino, l’alcool resti nel loro latte fino a quando non sia stato rimosso dal seno. Di conseguenza, possono esitare nell’allattare i loro bambini e decidere di estrarre invece il latte manualmente o con un tiralatte per poi buttarlo. In realtà, il livello di alcool nel latte si abbassa se si abbassa il livello nel sangue materno. Occorrono 2-3 ore per una donna di 55 Kg per eliminare dal suo corpo la quantità di alcool presente in un singolo bicchiere di vino o birra. Quando l’alcool viene eliminato dal suo sangue, se ne è andato anche dal latte. Altre considerazioni che influenzano quanto di un principio attivo entri nel latte materno includono il peso molecolare del principio attivo (ossia, quanto sia grande la molecola), la sua capacità di legarsi alle proteine e la solubilità lipidica (cioè nei grassi). Principi attivi con basso peso molecolare si trasferiscono nel latte più facilmente. Principi attivi che hanno alta capacità di legarsi alle proteine formano nel plasma agglomerati più grandi e sono quindi meno liberi di passare nel latte. Il latte umano contiene più lipidi che non il plasma, perciò i principi attivi che sono solubili nei grassi possono concentrarsi maggiormente nel latte. In Medications and Mothers' Milk, Hale scrive che la maggior parte delle sostanze terapeutiche è compatibile con l’allattamento. Quando un farmaco non lo fosse, è quasi sempre disponibile un farmaco alternativo. Come per tutte le questioni mediche, le donne vorranno consultarsi con i loro medici e con il pediatra.

    La scienza medica ora ha compreso più cose riguardo al processo fisico della lattazione. Sappiamo molto di più sulle strutture nel seno, e possediamo una grande quantità di informazioni utili su come quelle strutture lavorino per la produzione di latte. A confronto con le generazioni che ci hanno preceduto, noi abbiamo una buona comprensione di come le sostanze passino nel latte materno. Questo ci permette di avere più esperienze riuscite con l’allattamento e di risolvere meglio i problemi quando si presentano. E ci permette anche di apprezzare meglio il processo, quando le cose stanno procedendo senza intoppi! :-)

     

     Seno

    1       Cassa toracica

    2        Muscoli pettorali

    3        Lobuli

    4        Capezzolo

    5        Areola

    6        Dotto

    7        Tessuto adiposo

    8        Pelle

     

     

     

     (L'immagine è di Maksim - Wikimedia Commons) 

     

     

     

     

    Bibliografia 

    L’arte dell’allattamento materno, La Leche League Italia, 2018.
    Daly, S.E.J., Owens, R.A., and Hartmann, P.E. The short-term synthesis and infant-regulated removal of milk in lactating womenExp Physiol 1993; 78(2):209-20.
    Fildes, V. Breasts, Bottles, and Babies: A History of Infant Feeding. Edinburgh, Scotland: EdinburghUniversityPress, 1985
    Goldman, A.S. et al. Immunologic components in human milk during weaningActa Paediatr Scand 1983; 72(1):133-4.
    Hale, T.W. Medications and Mothers' Milk. Amarillo, Texas: Pharmasoft Publishing, 2004.
    Hartmann, P.E. et al. Breast development and control of milk synthesisFood Nutr Bull 1996; 17:292-304.
    Kent, J. Physiology of the expression of breast milk, part 2. Presented at the Medela Innovations in Breast Pump Research Conference, Boca Raton, Florida, July 2002.
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    Mohrbacher, N. and Stock, J. Allattamento al seno: il libro delle risposte, LLLItalia 2004
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     Sadler, T.W. Langmans Medical Embryology. Philadelphia, Pennsylvania: Lippincott, Williams, and Wilkins, 2000.
    Smith, L.J. How mother’s milk is made. LEAVEN 2001; 37(3):54-55.
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    Zeretzke, K. Allergies and the breastfeeding familyNew Beginnings 1998; 15(4):100.

    Altre informazioni sull’allattamento presso gli antichi Egizi in Da Mamma a Mamma n. 62/2000, pp. 17-19 “Non ho tolto il latte di bocca ai lattanti”.

    In Da Mamma a Mamma n. 77/2004, pp. 50-51 è possibile leggere la recensione del libro “Madre di latte. Latte e baliatico dall’antichità al XX secolo”.

    Per approfondimenti sull’alimentazione:

    Da Mamma a Mamma n. 59/2000, pp. 3-12 “Allergie e Allattamento al seno”, 

    Da Mamma a Mamma n. 65/2001, pp. 4-17 “Alimentazione materna in allattamento”

    L’arte dell’allattamento materno, La Leche League Italia, 2018

    Per approfondimenti sui farmaci: 

    http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2272_allegato.pdf

    http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2715_allegato.pdf;  

    Da Mamma a Mamma n. 54/1998-99, pp. 23-30 “Quando la mamma ha una malattia cronica”, 

    Da Mamma a Mamma n. 76/2004, pp. 5-14 “Il medico e noi: collaborare per avere il meglio”,

     L’arte dell’allattamento materno, La Leche League Italia, 2018

     

  • Che cosa succede al seno in gravidanza?

    Durante la gravidanza l’aumento degli estrogeni stimola il sistema dei dotti a svilupparsi e specializzarsi, il progesterone influenza l’aumento delle dimensioni degli alveoli e dei lobi del seno, e l’ormone lattogeno placentare (HPL, dall'inglese Human Placental Lactogen) rilasciato dalla placenta, è responsabile delle modificazioni di seno, capezzolo e dell’areola che si espandono insieme ai tessuti fibroso e adiposo di sostegno, prima del parto. La prolattina e altri ormoni contribuiscono allo sviluppo dei tessuti mammari.

    La produzione di latte si avvia circa 12 settimane prima del parto, quando negli alveoli inizia ad essere prodotto il colostro.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

  • Che cosa succede quando il bambino poppa?

    Quando il bambino poppa dal seno (o estrai il latte con le mani, o il tiralatte è al lavoro), vengono stimolate le terminazioni nervose del capezzolo e dell’areola. Queste fanno partire una cascata di ormoni che, mandando segnali all’ipofisi, avviano la produzione di prolattina e ossitocina poi secrete nel circolo sanguigno.
    Il rilascio di prolattina stimola le cellule alveolari a produrre latte e l’ossitocina è responsabile del rilascio nei dotti del latte prodotto ed immagazzinato negli alveoli in attesa che qualcuno lo chieda; l’ossitocina svolge questo ruolo inducendo la contrazione dei muscoli che contornano gli alveoli. In questo modo il latte viene spruzzato fuori dal seno stesso, che collabora col bambino!

    Questo fenomeno, grazie all’azione finale svolta dall’ossitocina, prende il nome di riflesso di emissione, riflesso di eiezione, discesa del latte o calata... Molti dialetti lo chiamano ancora in modo diverso.
    Il riflesso di emissione può verificarsi anche senza la stimolazione fisica della suzione del bambino; per esempio alcune madri raccontano che “la calata” si verifica ogni volta che sentono piangere un bambino, proprio o altrui.

    Durante la poppata possono verificarsi più riflessi di emissione successivi: a differenza da quanto accade col biberon, da cui il latte esce in modo costante, il latte esce dal seno “a ondate”, che potresti riconoscere osservando il cambiamento nel modo di succhiare del tuo bambino o per una sensazione di formicolio nel momento in cui il latte inizia a fluire.

    Molte donne avvertono questa sensazione solo nelle prime settimane, alcune solo in occasione del primo riflesso di emissione, altre non la avvertono mai: non è certo un problema. La quantità o la qualità del latte non ne sono modificate.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

  • Com’è fatto il seno?

    Il seno è costituito da un insieme di ghiandole lattifere, tessuto adiposo e muscoli pettorali.

    Il tessuto ghiandolare è responsabile della produzione e del trasporto del latte.

    Il seno viene talvolta erroneamente descritto come una singola ghiandola, in realtà è costituito da un insieme di strutture ghiandolari chiamate lobi. In un seno ci sono da 7 a 10 lobi. Ciascun lobo è costituito da un insieme di lobuli, e ciascun lobulo è a sua volta composto da raggruppamenti di tessuto ghiandolare chiamati alveoli o acini, nei quali il latte è sintetizzato a partire dal sangue. Il latte prodotto nelle cellule degli alveoli entra poi in piccoli tubi, i dotti galattofori (o lattiferi) che trasportano il latte sfociando in un’apertura nel capezzolo, il poro.
    Oltre alle aperture o pori sulla superficie del capezzolo, il capezzolo e l’areola contengono anche fibre di tessuto muscolare responsabili dell’allungamento del capezzolo e terminazioni nervose.

    Nel seno, oltre al tessuto ghiandolare, si trova il tessuto adiposo responsabile della protezione dai traumi. Anche la dimensione del seno è determinata per la maggior parte dalla quantità di grasso in esso contenuto e non ha alcuna influenza sulla produzione di latte o sulla qualità del latte prodotto.

    Il capezzolo è localizzato al centro dell’area maggiormente pigmentata, l’areola. Questa diversa pigmentazione della pelle funge da bersaglio, aiutando il bambino a localizzare il centro del seno quando la sua vista non è ancora completamente sviluppata.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

    Seno

     

    1       Cassa toracica

    2       Muscoli pettorali

    3       Lobuli

    4       Capezzolo

    5       Areola

    6       Dotto

    7       Tessuto adiposo

    8       Pelle

     

     

     

     

    (L'immagine è di Maksim - Wikimedia Commons) 

     

     

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

  • Come avviene la produzione di latte?

    Durante la gravidanza e nei primi giorni dopo il parto, la produzione è guidata da un processo bilanciato di ormoni, inizia con la produzione del colostro verso la fine della gravidanza, per arrivare ad un veloce aumento della quantità di latte intorno alle 30/40 ore dopo il parto.

    Dopo qualche giorno, il processo diviene “meccanico” e guidato dal bambino, che da quel momento diventa il protagonista del meccanismo di domanda/offerta.

    Il seno produce latte in base a quanto e a quanto spesso viene svuotato. Poppate più frequenti stimolano una maggior velocità di produzione (è come se i seni pensassero “Ehi, qui ciucciano in continuazione, serve più latte!”), poppate più distanziate la rallentano.

    In altre parole, un seno vuoto (o semi-vuoto, perché in realtà il latte viene prodotto continuamente quindi non sarà mai del tutto vuoto) produce latte più velocemente di un seno pieno.

    Questo ruolo di “indicatore della velocità a cui produrre” è svolto dal FIL (Feedback Inhibitor of Lactation – Fattore di inibizione della lattazione), una piccola proteina contenuta nel siero del latte: la quantità di FIL indica al seno quanto latte produrre: quando c’è molto latte nel seno, il FIL inibisce, od ostacola, gli alveoli dal produrne di più. Quando il latte viene rimosso dal seno – e il FIL non è là a fermare la produzione di latte – gli alveoli si danno da fare e producono più latte. Questo è il motivo per cui è importante offrire il seno spesso e incoraggiare il bambino a svuotare il seno il più possibile ai fini di un'ottimale produzione di latte.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

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  • Come viene prodotto il latte materno

    Linda J. Smith, da LeavenVol 37 n 3 Giugno-Luglio 2001

    "Non ho abbastanza latte": Questo è il motivo più comune per iniziare a dare aggiunte o di smettere di allattare al seno. A volte questo motivo è reale; altre volte e solo immaginato. I progressi fatti nella comprensione del processo di sintesi del latte derivano in parte dalle ricerche basate sulla fisiologia delle mucche (poiché c'è un interesse economico per sapere esattamente come avere mucche che producono tantissimo latte) e in parte dalle persone che aiutano le donne ad allattare.

    Prima del 1940, tutti pensavano che la maggior parte del latte venisse prodotto durante il riflesso d'emissione, poiché il latte esce più velocemente durante la calata (sia scienziati che lavoravano nell'industria casearia sia i sostenitori dell'allattamento materno).

    Nel 1944, Peterson ha dimostrato che la secrezione di latte era continua ma che la calata (riflesso d'emissione) era un processo diverso e separato. Durante il riflesso di emissione, il latte già sintetizzato viene conservato nel lume alveolare (piccoli dotti in cui il latte dagli alveoli viene emesso). Il latte non viene prodotto con una velocità superiore durante il riflesso d'emissione; semplicemente scorre più velocemente.

    Dall'inizio degli anni '90, la ricerca di Peter Hartmann fatta in Australia su donne che allattavano aveva scoperto (in verità "sta scoprendo" poiché la ricerca continua tutt'oggi) che la velocità di sintesi del latte - cioè quanto velocemente le cellule secretorie producono il latte - ha un rapporto stretto con il grado di pienezza (o il contrario) del seno. Questo si chiama controllo autocrino (o locale). Man mano che si riempie il lume alveolare, alcune sostanze nel latte stesso (Feedback Inhibitor of Lactation, o FIL, peptidi, acidi grassi, e possibilmente altri componenti) segnalano alle cellule secretorie di rallentare la sintesi del latte. Più vuoto è il seno e più velocemente cerca di riempirsi - in modo simile a una macchina automatica per produrre il ghiaccio.

    Hartmann dice che la velocità di sintesi di latte nelle donne può variare da 11 a 58 milligrammi per ora per seno. I seni più vuoti sintetizzano il latte più velocemente dei seni più pieni. Quando il latte in viene rimosso in modo regolare e completo, la sintesi del latte non viene limitata.

    La ricerca di Hartmann ha dimostrato ciò che La Leche Leaguesapeva da tempo - cioè che la produzione del latte viene regolata dai bisogni del bambino. È raro che un bambino svuoti tutto il latte disponibile nei seni di sua madre. Il 1993, Hartmann aveva scoperto che i bambini rimuovono una media del 76% del latte disponibile nei seni delle loro madri nelle ventiquattr'ore. Questo permette al bambino di avere un controllo a breve termine della produzione di latte della madre.
    Per spiegare questo si può utilizzare il "concetto del 80-20%. L'ottanta per cento è la quantità di latte solitamente consumato dal bambino ogni giorno. Il 20% è la quantità residua di latte che rimane nei seni della madre. Se però più del 80% del latte viene rimosso, la produzione del latte aumenta per mantenere la proporzione 80-20. Se meno dell'80% viene rimosso, la produzione di latte diminuisce per mantenere la proporzione 80-20. Anche se questa è una semplificazione eccessiva di un processo molto complesso, il principio al centro di questo studio è rimasto lo stesso, man mano che emergono nuove ricerche.

    La ricerca dimostra che la dieta materna, il consumo di liquidi da parte della madre ed altri fattori hanno poca influenza sulla produzione di latte. Se il latte viene rimosso efficacemente, allora nonostante tutto le donne fanno una buona quantità di latte, senza che le pratiche dietetiche abbiano qualunque influenza. Se invece il latte non viene rimosso, non c'è nulla che possa supplire la sua mancanza.

    I fattori significativi di rischio (per l'inibizione) per la mancanza di una produzione piena del latte sembrano essere (1) chirurgia al seno; (2) ritenzione della placenta; (3) il sindrome di Sheehan o shock ipofisario; (4) contraccezione ormonale; e (5) tessuto ghiandolare insufficiente. Se una madre non presenta nessuna di queste cose, allora è veramente raro che non possa produrre latte in quantità.

    Situazioni rare esistono comunque.
    Ci sono due motivi comuni per non produrre "abbastanza latte": (1) il bambino non viene attaccato al seno per abbastanza minuti al giorno, le poppate vengono terminate prima che il bambino lasci il seno, o gli intervalli fra le poppate sono troppo lunghe, o qualcos'altro viene somministrato al bambino per fargli "mantenere l'intervallo" o (2) il bambino non sta effettuando in modo efficace il trasferimento del latte: questo può essere a causa di un attacco non abbastanza profondo al seno, o perché c'è un problema di suzione.

    La ricerca dimostra che è di importanza critica prevenire e curare velocemente l'ingorgo. Quando possibile tutte le poppate dovrebbero essere direttamente al seno, seguendo la richiesta del bambino.

    Le madri dovrebbero permettere al bambino di finire prima il primo seno, aspettare l'indicazione che il bambino ha finito, aspettando che si stacchi da solo e poi a offrire il secondo seno (Ndr: a volte è utile utilizzare la compressione del seno per mantenere il bambino attivo al seno). I bambini hanno bisogno di poppare al seno 8-12 volte al giorno, fino a che la produzione del latte non venga stabilizzata. La maggior parte dei bambini popperanno per un totale e di almeno 140 minuti al giorno, con una media di 10-30  minuti per poppata. Le madri possono essere incoraggiante ad utilizzare le poppate sia per alimentare sia per coccolare il bambino.

    L'ideale è sempre osservare il bambino con attenzione.

    Bibliografia:
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    Daly, S.E.J., and Hartmann, P.E. Infant demand and milk supply, Part II: the short term control of milk synthesis in lactating women J Hum Lact 1995; 11(1): 27-31
    Daly, S.E.J., Owens,R.A., and Hartmann, P.E. The short term synthesis and infant regulated removal of milk in lactating women Exp Physiol 1993 Mar; 78(2): 209-20
    Daly, S.E.J., Kent, J.C., Owens,R.A., et al. The determination of short term volume changes and the rate of synthesis of human milk using computerised breast measurement Exp Physiol 1992; 77(1): 79-87
    De Coopman, J. Breastfeeding after pituitary resection: support for a theory of autocrine control of milk supply? J Hum Lact 1993; 9 (1): 35-40
    Peaker, M. and Wilde C.J. Feedback control of milk secretion fron milk. J Mammary Gland Biol Neoplasia 1996; 1 (3): 307-15
    Peterson, W.E. Lactation. Physiol Rev 1944; 24: 340-71
    Riordan, J. and Auerbach, K. Breastfeeding and Human Lactation, 2a edizione Boston, Jones and Bartlett Publishers, 1999

     

  • Devo aspettare che il mio seno si riempia prima di allattare?

    Assolutamente no. 

    Una buona produzione di latte avviene grazie allo svuotamento frequente ed efficace del seno. Il ruolo del FIL (Feedback Inhibitor of Lactation – Fattore di inibizione della lattazione), una piccola proteina contenuta nel siero del latte, è rallentare la produzione del latte quando il seno è pieno. Un meccanismo perfetto previsto dalla natura, perché permette di non sovraprodurre se non c’è richiesta. Se noi rimuoviamo spesso il FIL con poppate frequenti, la velocità di produzione del latte aumenta, mentre se non lo rimuoviamo spesso tenendo i seni pieni, la produzione di latte diminuisce.

    È attraverso la frequenza e l’efficacia delle poppate che i bambini “regolano” la produzione della mamma. Possono poppare più frequentemente, lasciare un intervallo più lungo, ciucciare per più tempo, fare solo una poppatina-express per addormentarsi o per riconnettersi alla mamma: o magari hanno bisogno di aiuto per evacuare, perché sono stanchi e succhiare li aiuta a rilassarsi, perché sono piccoli in questo mondo tutto nuovo e stare accoccolati al seno della mamma li conforta e dà loro sicurezza.
    Nella stragrande maggioranza dei casi questo meccanismo di domanda e offerta funziona perfettamente, perciò se i bambini sono lasciati liberi di accedere al seno quando e per il tempo che desiderano, il seno produrrà esattamente la quantità di latte che serve.
    Lo svuotamento del seno e la frequenza con cui ciò avviene, sono la chiave per mantenere una produzione di latte adeguata.
    Questo significa che a determinarne la produzione saranno la suzione efficace (vedi il video sull’attacco efficace qui) e la rimozione frequente da parte del bambino: “più efficacemente allatto e più latte produrrò”.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

  • Perché è importante attaccare il bambino frequentemente soprattutto nei primi giorni?

    Nei primi giorni, le poppate frequenti e l’attacco efficace (vedi il video sull’attacco efficace qui) contribuiscono all’aumento del numero dei recettori della prolattina.

    La particolarità del ruolo dei recettori è di essere presenti sulle pareti delle cellule degli alveoli, protagonisti nella produzione di latte, e di permettere alla prolattina presente nel sangue di muoversi attraverso di loro e stimolare la produzione.
    Solo quando gli alveoli non sono pieni di latte le pareti sono libere e i recettori riescono ad essere contattati dalla prolattina per poter continuare ad aumentare la produzione.

    Poppate frequenti e svuotamento del seno nelle prime settimane dal parto saranno in grado di aumentare il numero dei recettori.
    Questo periodo - che mediamente dura 40 giorni - viene chiamato periodo di calibrazione.
    Anche nel caso in cui la calibrazione non sia stata perfetta, sarà comunque possibile recuperare con la stimolazione del seno attraverso frequenti rimozioni di latte.

    Il bambino ha bisogno di poppate frequenti per stabilire la relazione con la mamma (calore, protezione, consolazione, tranquillità, sguardo…)  tanto quanto ha bisogno di nutrirsi. Assecondando le sue richieste frequenti, la mamma potrà comprendere più facilmente i bisogni del suo bambino.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

  • Quali sono i fattori che influiscono sulla produzione di latte?

    La produzione di latte è determinata dalla frequenza ed efficacia delle poppate.

    La suzione del bambino determina il rilascio da parte dell’ipofisi degli ormoni prolattina e ossitocina: il primo è coinvolto nella produzione di latte. Il secondo causa delle contrazioni muscolari all’interno del seno, che spremono il latte nei dotti lattiferi fino al capezzolo in modo che il bambino possa assumerlo (riflesso di emissione).
    L’ossitocina che attiva la “spremitura” degli alveoli, arricchisce il latte di grassi. È importante lasciare che il bambino si alimenti ad un seno fino a che non si stacca da solo, proprio perché sarà lui a deciderne la sazietà, per poi passare all’altro seno se ce n’è ancora bisogno.

    Ecco alcuni fattori che NON influiscono sulla produzione di latte e che sono vecchi miti:

    • bere molto, oltre al proprio senso di sete
    • “bere latte perché fa latte”
    • mangiare alimenti particolari
    • aspettare un determinato intervallo fra una poppata e l’altra

    Essi vengono ancora considerati utili quando in realtà il meccanismo di produzione è regolato esclusivamente dalla rimozione efficace e frequente del latte dal seno.

    Talvolta il riflesso di emissione del latte è inibito da eventi stressanti, che bloccano l'ossitocina e quindi non facilitano la fuoriuscita di latte. Possono essere dei forti spaventi, dei lutti, degli attacchi di rabbia, o momenti di estrema preoccupazione, di dolore fisico o anche di forte stanchezza. Per questo si sente dire che uno spavento "fa andare via il latte": in realtà il latte non sparisce definitivamente, semplicemente non riesce ad uscire perché, in qualche modo è momentaneamente "bloccato" dagli ormoni.

    Per uscire da questa situazione è importante attaccare comunque il bambino al seno, trovare dei momenti sereni per mamma e bimbo, cercare di riposare e rilassarsi il più possibile per permettere al latte di uscire con più facilità. Questo permetterà di non diminuire il latte prodotto e proseguire con l’allattamento.

    Puoi approfondire tutti gli aspetti dell’anatomia del seno al lavoro in questo articolo Anatomia di un seno al lavoro.

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.